(foto: Giulia Mazza)

Honey: gli abiti di Giulia Marani incontrano i collage di Miss Goffetown

Quando, poco meno di tre mesi fa, assieme al mio fedele amico e compagno di birrette Mr. Broggi, sono andato a Carpi a vedere la (bella) mostra Snapshot, dovevo immaginarlo dai bisbiglii, dagli sguardi, dai «poi ne parliamo», che lì, sotto sotto, la proverbiale gatta stava covando qualcosa.

Se la serata fosse diventata un testo teatrale, oltre a tante scene corali in cui tutti i personaggi si davano da fare per dar fondo alle riserve alcoliche di Spazio Meme, associazione culturale/galleria che organizzava e ospitava la mostra, lo Shakespeare di turno avrebbe sottolineato abilmente i dialoghi tra tre personaggi che poi si sarebbero rivelati cruciali:  Fulvia Monguzzi , in arte Miss Goffetown , che quella sera, con Dario Molinario, era la protagonista della doppia personale;  Francesca Pergreffi , che di Spazio Meme è una delle anime, e  Giulia Marani , giovane fashion designer di Correggio che oltre a realizzare splendidi abiti Made in Italy ha avuto l’idea di collaborare, per ciascuna collezione, con un artista diverso.

E dopo aver lavorato con Giulio Zanet (FW 2014/15), Andrea Tonellotto (SS 2015), Nicola Felice Torcoli (FE 2015/16) ed Ester Grossi (SS 2016), è stata proprio Miss Goffetown l’artista con cui Giulia Marani ha deciso di intrecciare il suo percorso creativo per la collezione autunno-inverno 2016/17, presentata lo scorso 24 febbraio a Milano, intitolata Honey e curata—esattamente come fosse una mostra—da Francesca Pergreffi.

Eccolo dunque—ora lo so—il tema delle fitte chiacchierate tra Giulia, Fulvia e Francesca in quella fredda serata di dicembre in cui probabilmente Honey era ancora un work in progress o un progetto a cui dovevano essere apportati gli ultimi ritocchi per raggiungere il perfetto equilibrio tra l’ironia sghemba dei collage (trasformati in pattern e stampe), il sapore vintage delle linee e la chiassosità pop dei colori e degli accostamenti cromatici.

Il risultato è una collezione che sembra “fare surf” tra epoche, culture e modi di essere, giocando sulla stratificazione (letteralmente: Giulia ha utilizzato tessuti e tecniche di lavorazione che permettono ai capi di abbinarsi tra loro in modo tale che gli uni lascino intravedere gli altri) e incarnando alla perfezione la schizofrenia della cultura contemporanea, fatta di nostalgie e di meme, di citazioni e parodie, di omaggi e di remix, che vanno ad accumularsi e a sedimentare, strato dopo strato, attorno a simboli, fatti, personaggi.

(foto: Giulia Mazza)
(foto: Giulia Mazza)
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