Nel 2015 la casa editrice Fatatrac ha inaugurato una collana dal titolo Grandi Albi MoMa, nata dalla collaborazione con il Museum of Modern Art di New York, che da allora ha visto la pubblicazione di quattro1 albi illustrati per introdurre i più piccoli al mondo dell’arte.
Il primo è stato Il giardino di Matisse, di Samantha Friedman, curatrice del MoMA, e illustrato da Cristina Amodeo. Il volume è stato ideato in occasione di Henry Matisse: The Cuts-Out, mostra dedicata all’artista francese, che rivisitava il percorso che aveva portato Matisse verso il collage, negli ultimi anni della sua vita.

Di prossima pubblicazione è Sonia Delaunay. Una vita a colori, di Cara Manes e Fatinha Ramos, dedicato all’artista ucraina che, insieme al marito e pittore Robert Delaunay e grazie al loro sodalizio artistico, portò già nelle prime decadi del ‘900 un enorme contributo all’arte astratta, dando vita ad una vera e propria corrente, il simultaneismo, adottando le idee del chimico Chevreul sull’interazione dinamica dei colori.
Sonia Terk Delaunay (1885 – 1979), da parte sua, estese queste idee alle arti applicate, rimuovendo ogni confine fra arte e design.
Il colore è la “pelle di questo nostro mondo”

Tutto questo trova spazio nel bellissimo albo edito dai tipi di Fatatrac, nel quale la Delaunay introduce il figlio Charles alla scoperta della sua arte, di un mondo che si fa caleidoscopio di colori, cifra espressiva ed assoluta.
La storia si sviluppa a partire dal ritrovamento di una coperta in un cassetto da parte di Charles, coperta che la Delaunay realizzò nel 1911, e che diviene espediente per parlare del rapporto fra colori e ritmo, fra colori e suono.
“Mentre cucivo tra loro le piccole pezze di tessuto, potevo quasi sentire i colori che cantavano”
Col fine di ascoltare quello che i colori sono in grado di sussurrare, entrambi sfrecciano al volante di un modello speciale di decappottabile, progettato dalla stessa Delaunay per la Citroën. E tre saranno le loro soste obbligate.
La prima tappa li condurrà a Parigi fra ballerini e note musicali. Sulle pagine del libro comparirà il dipinto Le Ball Bulier, presentato a Charles come il tentativo di condensare colori e suoni dei movimenti. La vertigine della danza, la scomposizione dei gesti, la musica. Un invito a vedere ciò che non si vede.

Da qui, una volta giunti in un mercato portoghese, ecco una delle molteplici opere del ciclo Marchés au Minho che la Delaunay dipinse proprio in Portogallo (i coniugi Delaunay vi abitarono al riparo dalla prima guerra mondiale).
Tra ceste, banchi e richiami, madre e figlio si perderanno nell’osservare, insieme, un pomodoro illuminato dal sole: le sue parti in ombra e quelle avvolte sinuosamente dalla luce. Forme che si rifrangono per ricomporne altre. Luci e colori in grado di modificare la realtà.
E infine, Amsterdam, nel laboratorio dove sono custodite le stoffe elaborate sui modelli astratti della Delaunay, anche quelli sui quali vennero tessute parole e poesie (fu la prima a sperimentare questo tipo di tecnica).

“Capisci, Charles, come assorbiamo tutto ciò che ci circonda, luci, colori, forme e suoni, allo stesso tempo o simultaneamente?
Io disegno auto, mobili e tessuti perché oltre che essere osservata, l’arte può essere guidata, usata per sedersi o indossata.
L’arte è tutt’intorno a noi, sempre”
È in quel momento che il piccolo proverà il desiderio di indossare egli stesso un pigiama creato dalla madre – «indossarne un’idea», queste le sue parole – e rassicurato dalle sue forme e dai colori, ormai a lui familiari, seppure eccitato da tante scoperte, concluderà il viaggio, ormai giunto al termine, nel suo letto, sognando un mondo che non saprà mai più guardare alla maniera di sempre.




