Sul rapporto tra cinema e tipografia esistono, in rete, tantissime risorse. C’è Art of the title, che è interamente dedicato ai titoli di testa, sui quali si sono messi alla prova fior di designer (uno su tutti: il grande Saul Bass); c’è la sezione film/video di Fonts in use, che scopre e rivela quali font vengono utilizzati; ci sono le approfondite analisi di Dave Addey, che nel suo Typeset in the future si è specializzato nel type design del genere fantascientifico (presto uscirà anche un libro).
E poi: un account Instagram dedicato a type design e lettering del grande schermo; un archivio di vecchi biglietti delle sale cinematografiche; e un’infinità di poster, poster, poster.
Type/Film, però, è qualcosa di completamente diverso.
Fondato dal graphic designer britannico Alex Lewis con la collaborazione di altri tre suoi colleghi, Dan Heron, Paul Gacon e Dan Dobson, si tratta di un archivio che semplicemente raccoglie fotogrammi di celebri film (quasi tutti capolavori della storia del cinema) in cui appaiono scritte di ogni tipo: pagine di giornali, copertine di libri, insegne di negozi, insegne al neon, messaggi scritti a mano, striscioni di protesta, schermi televisivi o di computer…

(fonte: typefilm.eu)
«Per molti decenni il cinema ha permeato la cultura popolare e quella sovversiva in tutto il mondo. La natura demograficamente ampia dei film e la loro prevalenza creano di conseguenza una grande quantità di opportunità per scoprire, testimoniare e archiviare la tipografia», scrive Lewis.
Dagli anni ’30 a oggi — la raccolta, un flusso verticale di immagini, si estende per circa ottant’anni —, dagli Stati Uniti all’Italia, dalla Francia al Giappone, sul grande schermo sono apparsi caratteri tipografici di ogni tipo e Type/Film è una sorta di macchina del tempo per muoversi nello spazio e nel tempo, tra realtà e immaginazione.
Tra l’altro — effetto collaterale ma non secondario — molti dei fotogrammi dimostrano anche l’enorme potere che alcuni film hanno avuto sul nostro immaginario di spettatori: a volte basta davvero un singolo frame per accendere ricordi, rievocare sensazioni, dialoghi, personaggi e addirittura periodi della propria vita a cui una pellicola è legata (a me hanno fatto questo effetto la targhetta appesa alla porta della concierge de L’inquilino del terzo piano di Polanski, lo “I don’t like mondays” inciso sul muro della scuola di The Breakfast Club e i cartelloni che galleggiano sull’acqua della piscina di Palombella Rossa di Moretti).

(fonte: typefilm.eu)

(fonte: typefilm.eu)

(fonte: typefilm.eu)

(fonte: typefilm.eu)

(fonte: typefilm.eu)

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(fonte: typefilm.eu)

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(fonte: typefilm.eu)