Prima o poi tutti incappano durante la loro formazione scolastica nel curioso concetto di Edmund Burke chiamato “sublime”. A detta del letterato inglese, il sublime altro non è che qualcosa in grado di attrarci ma allo stesso tempo anche di terrorizzarci a morte, citando come esempio più eclatante la natura.
L’idea affascinò molti e dalla letteratura si ricercò di ricrearla anche in altri campi, come la pittura: il pittore tedesco Caspar David Friedrich si mise all’opera e nel 1818 realizzò uno dei quadri che maggiormente rappresentano quella sensazione di impotenza e fascino dell’uomo verso la natura, Viandante sul mare di nebbia.
Pensando magari anche a questo quadro, il fotografo spagnolo, Fernando Maselli, ha deciso di usare la fotografia e i fotomontaggi per realizzare il suo concetto personale di sublime ai giorni nostri.
Grazie alle sue capacità di arrampicata e a una grande passione per il paesaggio, Maselli ha passato moltissimo tempo tra Dolomiti, Alpi e altre montagne del mondo, aspettando il momento giusto per immortalarle in tutta la loro maestosità. Tornato a casa, grazie alla post produzione, è riuscito non solo a renderle scure, inquietanti in tinte bianco e nero, ma anche a modificarne l’aspetto, spesso ripetendo l’orizzonte ancora e ancora, fino a renderlo artificialmente infinito, come dice bene il nome della serie fotografica. Con gli strumenti della contemporaneità e la tecnologia prova a trasmetterci quelle sensazioni che Burke si dovette limitare a descrivere con le parole e Friedrich con i colori, quel senso di smarrimento, di umiltà, di paura che si prova davanti a qualcosa molto più grande di noi.
È lui, Fernando, il nostro viandante su un mare di monti che non vediamo, nascosto dietro la macchina fotografica.




