Ho recentemente scoperto che, nel 2000, il professore e filosofo australiano, Glenn Albracht ha coniato un termine per indicare il malessere che si prova quando siamo troppo distanti dalla natura. In poche parole, molti di noi, la sottoscritta in modo particolare, teme, soffrono di psicoterratica. Che poi Albracht non ha inventato nulla di nuovo, ha piuttosto dato un nome ad una cosa che solitamente ci siamo limitati a esprimere raccontando quanto benessere traiamo dal passare del tempo in mezzo alla natura o un bellissimo paesaggio e quanto ci dispiace non poterlo fare più spesso.
Provate a fare un esperimento: aprite la vostra piattaforma preferita e cercate un video che racconti un’esperienza nella natura o che mostri anche solo degli scorci di spazi più o meno incontaminati. Ora dite la verità, dopo aver visto il filmato senza distrazioni, come vi sentite? Io solitamente riesco a respirare meglio e a sentirmi un po’ meno claustrofobica tra le mura del mio appartamento. È come una specie di legame che si riaccende non appena l’uomo incontra la natura, virtualmente e dal vero. Su questo particolare tema mi ci aveva fatto riflettere anche Jack London, mentre ne Il richiamo della foresta raccontava delle vicende di Buck, un incrocio tra un pastore scozzese e un San Bernardo, che si ritrova a dover affrontare una vita selvatica e ritrovare gli istinti dei suoi avi, nonché decidere se cedere o meno a questa attrazione verso la foresta, l’incontaminato, l’incontrollabile.

Il fotografo francese Brice Portolano, ha deciso di concentrarsi sul rapporto tra uomo e natura nella sua attività fotografica e ha dato vita ad una serie, iniziata nel 2013 e ancora in corso, dal nome No Signal.
Dalla taiga della Mongolia all’Alaska e ancora in Lapponia, Brice ci racconta le vicende di chi ha scelto di seguire il suo personale richiamo verso una vita più a contatto con la natura, abbandonando la città, ma senza tagliare completamente ogni legame con la società o la tecnologia.
Le sue sembrano fotografie di un mondo che non ha più speranza di esistere, dove l’uomo trova un equilibrio con il naturale, piuttosto che decidere di imporgli il proprio controllo e farlo fruttare per i propri interessi. Ma la realtà è che esiste un modo per far sì che uno possa dipendere con rispetto dall’altro, conoscersi senza calpestarsi i piedi, scoprire i rispettivi limiti e rispettarli, traendone anche numerosi benefici per la nostra di specie. Basti pensare che è stato scientificamente testato più volte che passare del tempo nella natura ci permette di migliorare l’umore, la nostra pressione sanguigna e la frequenza cardiaca.

Se state ancora cercando un video per il test citato sopra, Brice ne ha recentemente condiviso uno, realizzato da 16 Parallèle Nord Productions, che racconta il backstage del suo lavoro in Lapponia nel documentare la vita di Tinja assieme al compagno e i loro 85 cani da slitta in una cabin senza acqua corrente e elettricità. Dopo questi 9 minuti di visione, come vi sentite?






