Il registratore tascabile, il power bank, una custodia per tablet, due agendine usate, ammassi di cuffiette, ammassi di cavetti, manciate di pennette usb, un metro da sarto(!), un treppiede per smartphone, fatture pagate, la cartuccia del nero per la stampante, la batteria di riserva per la macchina fotografica, adattatori vari, il passaporto, la tessera elettorale immacolata, un grosso ragno di plastica, una mazzetta di disegni e bigliettini che le mie figlie di tanto in tanto mi recapitano mentre sto seduto davanti al computer a lavorare: è il contenuto dei due principali cassetti della mia scrivania.
L’ipotetico archeologo del futuro che dovesse riaprirli dopo secoli, forse riuscirebbe a conoscere qualcosa di me, di chi ero, di cosa facevo.
«Un’ultima stazione per cose che non sai dove altro mettere, un ricovero per le cianfrusaglie destinate alla pattumiera o un deposito sicuro per oggetti di valore: i cassetti sono una finestra per l’anima», così scrive la giornalista Mariette Wijne sul nuovo numero della rivista MacGuffin, dedicata proprio alla scrivania.

MacGuffin, come già raccontato più e più volte qui su Frizzifrizzi, è un magazine indipendente tra i più interessanti (e premiati) usciti negli ultimi anni, nato per raccontare con intelligenza e ironia la vita di elementi apparentemente banali come un letto, un lavello, una palla, una corda, dei pantaloni, pubblicando numeri monografici che affrontano ciascun oggetto da molteplici punti di vista: quello del designer, quello dell’artista, quello del sociologo, dell’antropologo, dell’artigiano.
L’ottavo numero ruota appunto attorno alla scrivania, utilizzandola come punto di partenza per parlare di potere, di informazione, di tecnica e tecnologia, di progettazione, di lavoro.
Tra i nomi di cui si parla nelle oltre 200 pagine del magazine ci sono quelli di pezzi di storia del design come Enzo Mari, Superstudio, Kazuhide Takahama e François Dallegret, di un duo delle meraviglie come Formafantasma, di un genio del cinema come Jan Švankmajer, di un architetto come Egon Eiermann, di una cantautrice come Emily King.



