A livello di gestualità, ritmo e sonorità, probabilmente non esiste niente di più efficace — per rappresentare in un film l’atto della scrittura — che usare una macchina per scrivere. Il foglio che entra o esce dal rullo; i tic tic tac tac dei tasti, tanto più rumoroso quanto più le emozioni e la furia creativa si trasferiscono su carta; il carrello che arriva in fondo e riparte col suono del campanellino, ding.
E ovviamente al cinema di macchine per scrivere se ne sono viste tante, come semplici elementi di scena o in “ruoli” cruciali — vedi Shining, Misery non deve morire o Il pasto nudo, dove diventa una scarafaggione.
Ariel Avissar — studente presso la Steve Tisch School of Film and Television dell’Università di Tel Aviv — alla macchina per scrivere sul grande schermo ha dedicato un “supercut”1 molto affascinante.

Si riconoscono scene di film come Quarto potere, Viale del tramonto, Arancia meccanica, i già citati Shining, Misery non deve morire e Il pasto nudo. E poi Ruby Sparks, Barton Fink, Mister Hula Hoop, Zodiac, I’m not there, Tutti gli uomini del presidente, The Post, Il ladro di orchidee, Getta la mamma dal treno, Good Night, and Good Luck, Vero come la finzione, Hard Night, Espiazione, La vera storia di Dalton Trumbo, Una serie di sfortunati eventi, L’ora più bella e probabilmente altre pellicole che non siamo riusciti a riconoscere.
Ci sono pure un paio di scene prese dalla tv: Mad Men e uno dei mitici titoli di chiusura della Stephen J. Cannell Productions.
Per dare ritmo visivo e sonoro a tutto il supercut, Avissar ha scelto il tema musicale probabilmente più azzeccato in assoluto, l’ormai leggendario The Typewriter del compositore americano Leroy Anderson, che tra gli strumenti prevede un’orchestra e, appunto, una macchina per scrivere (eccone una versione suonata dal vivo).




