Che si accetti o meno il parallelismo tra l’attuale guerra in Ucraina e la Seconda guerra mondiale, resta il fatto che negli anni ’30 e ’40 la propaganda — sia tra i cosiddetti Alleati che tra i paesi dell’Asse — raggiunse livelli fino a quel momento mai visti, dilagando su ogni possibile mezzo di comunicazione, dal cinema ai giornali, dagli eventi sportivi ai manifesti.
Oggi gran parte del potere mediatico e soprattutto della discussione pubblica si è spostata online, ed è lì che assistiamo alla guerra di propaganda tra due fronti che hanno ormai schiacciato ogni possibile tentativo di guardare alla situazione con sguardo lucido e critico, e di sottolineare una grottesca situazione in cui, come scrive Michele Martelli su Micromega, «Per Putin, orwellianamente, “la guerra è pace”. Ha abolito la parola guerra, chi la pronuncia o scrive, nelle scuole, nelle piazze reali o virtuali, è punibile col carcere […]. Il despota del Cremlino ha tentato di giustificare la guerra di aggressione all’Ucraina con espressioni tipo peacekeeping, “operazione speciale o militare”, regime change. Parole, va detto, mutuate dalla politica estera Usa, dilagata nel “secolo americano” in ogni angolo del mondo» mentre, dall’altra parte, «Per l’Ue, la Nato e gli Usa, orwellianamente, “la pace è guerra”. Si dice di voler la pace, ma si prepara la guerra, anzi la si fa, per procura, per interposta Ucraina, con l’invio di mercenari e armi».

(courtesy: Never Again Gallery)
Resta il fatto che, tra i due paesi direttamente coinvolti nel conflitto, sia l’Ucraina la netta vincitrice, finora, sul fronte della guerra di propaganda e della propaganda di guerra, perlomeno per guardando a ciò che arriva a noi che viviamo in Occidente. Dal presidente in giù, ogni singola componente della società ucraina è in prima linea in questa quotidiana battaglia della comunicazione, comprese tutte quelle persone che fanno parte dell’industria creativa, come il gruppo di artiste e artisti che, appena ieri, ha lanciato la Never Again Gallery, un progetto dichiaratamente propagandistico in cui vengono raccolti poster che non sono altro che la versione contemporanea di quelli della Seconda guerra mondiale.
20 i nomi che hanno lavorato all’iniziativa — Tetiana Yakunova, Oleksandra Kovaliova, Anton Logov, Anna Sarvira, Maria OZ, Varvara Perekrest, WAONE Interesni Kazki, Oleksandr Grekhov, Anton Abo, Alina Kropachova, WE BAD, Masha Foya, PLVNV, Mari Kinovich, Alina Zamanova, Bravebirdie, Sestry Feldman, Yulia Vus, Alex Derega e Marie Hermasheva tutti dall’Ucraina —, che propone 21 poster liberamente scaricabili (l’invito è proprio di farlo e condividerli, online e offline), in un sito che ruota interamente attorno ai parallelismi tra il secondo conflitto mondiale e la guerra russo-ucraina.
C’è anche un account Instagram: @neveragaingallery.

(courtesy: Never Again Gallery)

(courtesy: Never Again Gallery)

(courtesy: Never Again Gallery)

(courtesy: Never Again Gallery)

(courtesy: Never Again Gallery)