Nel dicembre del 2013 morì, a 94 anni, la poetessa, compositrice e scultrice Cécile Nobrega. Britannica di origini guyanesi, lottò per oltre un decennio per realizzare a Londra una statua che celebrasse le donne nere discendenti delle schiave e degli schiavi. Con il suo Bronze Woman Project, lanciato negli anni ’90, Nobrega raccolse fondi e infine riuscì nel suo intento. Nel 2008 la statua — intitolata The Bronze Woman e realizzata dallo scultore Aleix Barbat — venne inaugurata negli Stockwell Gardens, nella zona sud-occidentale della città, un anno dopo il 200º anniversario dell’abolizione della tratta degli schiavi nell’Impero britannico e in occasione del 60º anniversario dall’arrivo della nave Windrush, che nel 1948 portò a Londra centinaia di migranti dai Caraibi, arrivati su invito del governo Britannico, che nel dopoguerra concesse alle persone abitanti nelle ex colonie di trasferirsi e lavorare nel Regno Unito per ricostruire il paese in rovina in cambio di ospitalità perpetua. Da allora quella generazione di migranti, arrivata tra gli anni ’50 e ’60, viene chiamata la “Windrush Generation” — etichetta che negli ultimi anni è stata molto ripresa dalla stampa a causa di un imbarazzante scandalo, dovuto a un particolare accanimento del governo, che a un certo punto ha infranto la promessa di accoglienza fatta a quelle donne e a quegli uomini decenni prima.

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)
In una nazione che fatica a fare davvero i conti col suo sanguinoso passato imperiale e colonialista, quella di Nobrega è in effetti una delle primissime statue pubbliche britanniche a rappresentare una donna nera (ce n’è un’altra, che risale al 1863 e raffigura un anonima donna seminuda, a rappresentare tutto il continente africano sul monumento del Memoriale della Grande Esposizione del 1851), e segue di poco la statua di Nelson Mandela inaugurata l’anno precedente a Parliament Square.
Per un monumento dedicato a una donna nera con nome e cognome — l’infermiera Mary Seacole, di origini giamaicane, cui è dedicata una statua al St Thomas’ Hospital di Lambeth — si è dovuto aspettare addirittura il 2016.
Nonostante le persone nere abbiano contribuito a costruire nel corso dei secoli il paese, attraverso il loro duro lavoro, il loro ingegno, la loro cultura, il loro talento e le loro storie, la giusta commemorazione è arrivata dunque con un ritardo imperdonabile. E sono ancora relativamente molto pochi i luoghi-chiave della storia e della cultura nera a Londra. La maggior parte di essi, oltretutto, è molto recente.
La nuova Black History London Map della casa editrice britannica Blue Crow Media — uscita in occasione del Black History Month che si celebra in ottobre nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Canada — ne raccoglie 50, fotografati da Jake Green e selezionati da Jody Burton, ricercatrice di Studi Caraibici e creatrice del Black Arts Group, e da Avril Nanton, fondatrice di Avril’s Walks and Talks, che organizza tour sulla cultura nera di Londra.
Nella mappa — che idealmente copre un periodo di tempo che va dal dominio dell’Antica Roma al movimento Black Lives Matter — appaiono monumenti, appunto, ma anche una libreria (New Beacon Books, aperta nel ’66 e specializzata in letteratura africana e caraibica) e un pub, il Jamaica Wine House, che un tempo ospitava la prima “coffee house” londinese, dove si riunivano i mercanti per discutere come sfruttare le piantagioni di canna da zucchero dei Caraibi e come bloccare i movimenti anti-schiavitù.
Inoltre vi sono ricordate le vittime della discriminazione, come Stephen Lawrence, adolescente ucciso nel ’93 da un assalto razzista mentre aspettava il bus, Dorothy “Cherry” Groce, morta nel 2011 e rimasta paralizzata nell’85 da un colpo sparato dalla polizia (per questo motivo scoppiò la rivolta di Brixton), e Cynthia Jarrett, stroncata da un infarto quando gli agenti le entrarono in casa, sempre nell’85, fatto che contribuì a scatenare la cosiddetta “Broadwater Farm riot”.

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)

(copyright: Jake Green | courtesy: Blue Crow Media)

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