L’arte cinetica e le meraviglie di carta di Pinaffo & Pluvinage

«Nelle macchine inutili ogni pezzo deve avere la sua funzione logica tanto in rapporto al movimento quanto al senso artistico di proporzione, di colore e di forma; e tutto l’assieme deve essere l’armonica fusione plastica, pittura e moto. Plastica intesa come forma geometrica: esatto equilibrio di forme, di spazi, di volumi; chiaro e scuro. Pittura intesa come colore: esatto equilibrio di colori, (un colore in curva ha un valore diverso di un colore piano). Moto allo stato puro: ritmo, senso del moto; (cioè: una persona che cammina e una che danza; moto utile e moto inutile) il moto di una macchina inutile deve essere il cuore della costruzione, il punto vitale. Una macchina inutile che non rappresenti assolutamente nulla è il congegno ideale grazie a cui possiamo tranquillamente far rinascere la nostra fantasia, quotidianamente afflitta dalle macchine utili».
A scriverlo — in un articolo intitolato Che cosa sono le macchine inutili e perché, pubblicato nel 1937 sull’inserto La Lettura del Corriere della Sera — fu Bruno Munari, che, dopo essersi avvicinato al movimento futurista, da qualche anno aveva iniziato a progettare e costruire, appunto, le sue “macchine inutili”.

Quasi un secolo dopo le sue parole sono ancora attualissime e, se possibile, persino più significative (oggi, ad “affliggere” la fantasia, non ci sono solo le macchine utili, ma pure le loro varianti digitali), ma, per fortuna, riescono ancora a emergere artiste e artisti capaci di mostrarci il luminoso potere di dispositivi inventati con l’unico e solo scopo di sorprendere, stimolare, smuovere, affascinare. E c’è chi, come il duo francese Pinaffo & Pluvinage, quell’incanto lo affida a materiali e meccanismi tutto sommato semplici.
Della carta e del cartoncino, della sabbia, qualche asse di legno e poco più: tanto è bastato a Marion Pinaffo e Raphaël Pluvinage — che lavorano insieme dal 2015 e dei quali ho già parlato, anni fa, per un altro loro progetto munariano, la Papier Machine — per costruire la loro En Cascade, un’installazione realizzata nel 2023 grazie al programma Mondes Nouveaux, col quale il Ministero della Cultura francese finanzia e sostiene il lavoro di artiste, artisti e designer.

“En Cascade”, di Pinaffo & Pluvinage, 2023
(© Pinaffo & Pluvinage | fonte: pinaffo-pluvinage.com)
“En Cascade”, di Pinaffo & Pluvinage, 2023
(© Pinaffo & Pluvinage | fonte: pinaffo-pluvinage.com)

Esposta per la prima volta in una località sulla costa dei Pirenei Orientali (più precisamente ad Anse de Paulilles, un’area naturale protetta), En Cascade è stata concepita a partire dalla sabbia del luogo e da una serie di ragionamenti attorno a questo elemento naturale, tanto apparentemente banale quanto affascinante: «una particolarità della sabbia» spiegano Pinaffo e Pluvinage «è che a volte può avere il comportamento di un liquido, a volte quello di un solido, o addirittura di un gas. Anche il flusso della sabbia, sia nell’aria che nell’acqua, è piuttosto complesso. La forma che un mucchio di sabbia assume a seconda della sua geometria è un vero e proprio oggetto di studio matematico».
Da qui il duo ha iniziato a sviluppare una serie di meccanismi a bassa tecnologia (carta e cartoncino, come già accennato) azionati proprio dalla sabbia e capaci di far muovere in molti e sorprendenti modi delle forme geometriche colorate, poi installate su ogni lato di una struttura che — come ha scritto Yaya Azariah Clarke su It’s Nice That parlando del progetto — ricorda quella di una iurta.

«[La sabbia] permette di immagazzinare energia allo stesso modo di una diga» dicono Pinaffo e Pluvinage. «L’energia viene immagazzinata in altezza e rilasciata quando la sabbia scorre. Questo flusso può azionare vari sistemi meccanici che permetteranno di programmare movimenti, rotazioni, traslazioni, con angoli diversi, sequenze diverse di ripetizioni. La sabbia può avviare sistemi che prenderanno le posizioni 0 e 1, proprio come farebbe un transistor in un sistema elettronico. Può anche creare sistemi per generare movimenti casuali, che sono più facili da ottenere con la sabbia che con un metodo computazionale. Al di là della sfida quasi simbolica di creare una macchina dal comportamento simile a quello digitale ma solo con sabbia e materiali molto basilari, una delle cose interessanti di questa installazione è proprio il suo essere basilare, estremamente low-tech; è comprensibile per natura. Non ha zone scure, niente da nascondere, a differenza di un sistema informatico».
E visto che non c’è niente da nascondere — a parte il “mistero” della fantasia in atto: sia quella necessaria a concepire un progetto simile sia quella di chi si ritrova a provare o anche solo ad assistere al suo funzionamento — visitando l’installazione, così come nel video qui sotto, si può vedere il dietro le quinte: ciò che succede quando un meccanismo viene messo in moto da una manciata di semplice e umile sabbia.

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